Le resolvine, alternativa alla terapia canalare
scienzata al microscopio
Con l’avanzare della tecnologia, l’odontoiatria si avvicina sempre più ad un futuro senza dolore. I ricercatori hanno presentato uno studio innovativo che esplora l’uso delle resolvine, molecole presenti in natura che combattono l’infiammazione, come potenziale alternativa al trattamento canalare convenzionale.

I danni ai denti, come carie o fratture, spesso provocano infiammazioni e infezioni della polpa dentale, causando forti dolori. Tradizionalmente, la terapia canalare o devitalizzazione del dente, prevede la rimozione del tessuto infetto e la sua sostituzione con un materiale biocompatibile. Il consueto processo per la cura delle carie ha dimostrato di essere molto efficace nel trattare le infezioni della polpa dentale, ma non si può dire che presenti solo vantaggi. La rimozione di porzioni di dentina durante la devitalizzazione aumenta infatti il rischio futuro di fratture. 

 

Rigenerare i tessuti per sconfiggere la carie: la scoperta del Forsyth Institute

Per questa ragione, un team di ricerca del Forsyth Institute, con a capo il dottor Thomas Van Dyke, Vicepresidente del centro per la ricerca clinica e traslazionale, sta cercando di rivoluzionare il campo delle cure dentali. Ne parla una ricerca pubblicata sul journal of Dentale Research. 

L’obiettivo della ricerca è trovare un metodo per rigenerare la polpa dentale grazie ad una classe di molecole chiamate resolvine, anziché limitarsi a rimuovere la polpa infetta e riempire il canale con materiali inerti.  La soluzione sarebbe quella di stimolare la rigenerazione della polpa con la Resolvina E1 (RvE1) che si è dimostrata promettente nel controllo dell’infiammazione causata dalle infezioni, preservando la struttura naturale del dente. 

 

Una rivoluzione nel trattamento della carie: la RvE1

Negli esperimenti sui topi, RvE1 ha rigenerato efficacemente la polpa viva con carie allo stadio iniziale. I risultati sono stati meno efficaci nel trattamento di polpa dentale infetta o già compromessa. Nondimeno, in questo caso la RvE1 ha comunque contribuito a rallentare l’infezione e nel trattare l’infiammazione, prevenendo potenzialmente complicazioni più gravi. Secondo i ricercatori, nelle polpe infette esposte all’ambiente orale per 24 ore, RvE1 ha soppresso l’infiltrazione infiammatoria, ridotto l’invasione batterica nei canali radicolari e prevenuto lo sviluppo della parodontite apicale, mentre il suo impatto pro-rigenerativo era limitato.

Nonostante i risultati incoraggianti, saranno necessarie ulteriori ricerche per determinare la sicurezza e l’efficacia di RvE1 nelle applicazioni umane. Ciò nonostante questa innovazione potrebbe rivoluzionare la pratica odontoiatrica, offrendo un approccio più mirato e conservativo nel trattamento della carie avanzata. Oltre al dolore e all’intervento invasivo, usando la RvE1 sarebbe anche possibile preservare la salute a lungo termine dei denti.

 

Oltre l’odontoiatria: un cambiamento di paradigma nella medicina rigenerativa

Il dottor Van Dyke evidenzia le implicazioni più ampie dello studio. Poiché RvE1 promuove la formazione di cellule staminali in grado di differenziarsi in vari tipi di tessuti, il suo potenziale si estende alla medicina rigenerativa oltre alle applicazioni dentali. Il dottor Van Dyke ne prevede l’uso nella crescita delle ossa in diverse parti del corpo, segnalando un cambiamento di paradigma nella medicina rigenerativa. 

 

 

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