FANS: un’analisi sull’interazione con anticoagulanti
giovane dottoressa tiene in mano blister di farmaci

La European Society of Cardiology (ESC) ha pubblicato una recensione nel European Heart Journal nel 2020, focalizzandosi sulle interazioni tra i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e gli anticoagulanti orali, con particolare attenzione al rischio aumentato di sanguinamento. 
Questo rischio è particolarmente rilevante in pazienti trattati con anticoagulanti orali diretti (DOAC), quali rivaroxaban, apixaban ed edoxaban, che agiscono inibendo il fattore X attivato. Tra questi, apixaban è stato identificato come quello che richiede maggior attenzione quando usato in combinazione con i FANS. 

Il sanguinamento può variare da eventi massivi, come ematemesi (vomito di sangue) e melena (feci nere e appiccicose), a microsanguinamenti cronici, che risultano in sangue occulto nelle feci e possono causare un'anemizzazione progressiva del paziente. È stato inoltre osservato che i pazienti trattati con dabigatran, un inibitore della trombina, presentano minori rischi di sanguinamento rispetto a quelli trattati con DOAC che mirano al fattore X attivato.

Questa revisione sottolinea l'importanza di prestare attenzione alle interazioni farmacologiche nei pazienti che assumono contemporaneamente FANS e anticoagulanti, specialmente quelli con fibrillazione atriale, per minimizzare il rischio di sanguinamento.

È fondamentale riconoscere che i pazienti in terapia con anticoagulanti, sia essi antagonisti della vitamina K (VKA) o anticoagulanti orali diretti (OAC), presentano un intrinseco rischio di sanguinamento, specialmente se assumono contemporaneamente FANS. 
Pertanto, quando si prescrivono FANS a questi pazienti, è cruciale offrire una protezione della mucosa gastrica, soprattutto nei soggetti più vulnerabili, e effettuare controlli periodici dell'emocromo per individuare eventuali segni di anemia.
La correlazione tra l'uso di FANS e il rischio di sanguinamenti significativi, così come il pericolo di eventi tromboembolici in pazienti con fibrillazione atriale sottoposti a terapia antitrombotica, è ben documentata. 
Tuttavia, è importante sottolineare che non tutti i FANS presentano lo stesso profilo di rischio. In particolare, il ketoprofene sembra offrire un profilo di sicurezza più favorevole rispetto ad altre molecole, come evidenziato da uno studio pubblicato su Annals of Internal Medicine nel 2014. 
Di conseguenza, il ketoprofene rappresenta una scelta preferenziale per il trattamento del dolore in pazienti con condizioni quali sindrome coronarica acuta, scompenso cardiaco, e fibrillazione atriale che sono già in trattamento con anticoagulanti orali, seguendo le linee guida dell'ESC.

Fonte: Lamberts M, et al. Ann Intern Med, 2014


La gestione dei pazienti che richiedono terapia con FANS implica un attento monitoraggio per rilevare sia sanguinamenti evidenti sia microsanguinamenti. È raccomandato eseguire controlli regolari dell'emocromo, preferibilmente ogni sei mesi, e condurre test per identificare il sangue occulto nelle feci almeno una o due volte all'anno, specialmente nei soggetti di età superiore ai 50 anni. Inoltre, è essenziale non trascurare un'accurata valutazione clinica, che dovrebbe includere l'indagine su eventuali cambiamenti nel colore delle feci, potenziali indicatori di sanguinamento occulto.
Secondo il prestigioso manuale di farmacologia "Goodman & Gilman", è particolarmente importante evitare l'uso concomitante di acido acetilsalicilico (ASA) a dosi basse, prescritto per le sue proprietà antitrombotiche, con ibuprofene o naprossene. 
Questa raccomandazione è motivata dal potenziale compromesso dell'effetto cardioprotettivo dell'ASA quando somministrato insieme a questi FANS. Tale interazione, oltre ad aumentare il rischio di effetti collaterali gastrointestinali, può ridurre l'efficacia antipiastrinica dell'ASA.
Infatti, l'occupazione del sito della ciclossigenasi-1 (COX-1) piastrinica da parte dell'ibuprofene o del naprossene può ostacolare l'azione dell'ASA. Questo fenomeno è stato chiaramente dimostrato con l'uso di ibuprofene e naprossene, enfatizzando la necessità di prudenza nell'associare questi farmaci.

Fonte: Mackenzie IS, et al. J Intern Med, 2010


Nonostante le informazioni sull'interazione tra l'acido acetilsalicilico (ASA) e alcuni farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l'ibuprofene siano note da anni, queste conoscenze non sono ancora pienamente integrate nella pratica clinica quotidiana. Questo gap informativo rende il trattamento del dolore in pazienti con preesistenti patologie cardiovascolari una sfida complessa, che richiede una particolare attenzione e competenza.
L'ibuprofene compete con l'ASA per il legame allo stesso sito attivo dell'enzima ciclossigenasi-1 (COX-1), riducendo l'efficacia dell'ASA come agente antiaggregante piastrinico e, di conseguenza, aumentando il rischio di eventi aterotrombotici.
D'altro canto, il ketoprofene rappresenta un'opzione più sicura per il trattamento del dolore in questi pazienti, in quanto si lega a un sito diverso su COX-1 rispetto all'ASA, non interferendo con la sua azione antiaggregante. 
La letteratura scientifica supporta ampiamente la maggiore sicurezza del ketoprofene rispetto ad altri FANS in termini di interazioni con l'ASA, a patto che il dosaggio rimanga al di sotto dei 3 grammi al giorno, un limite ben oltre la normale dose antinfiammatoria.
Questa specificità rende il ketoprofene un'opzione preferibile per i pazienti che necessitano di un trattamento antidolorifico ma che sono anche in terapia con ASA per le sue proprietà cardioprotettive.

Fonte: Fornasari D. Pain Ther, 2017


Analizzando l'impatto del ketoprofene sulla funzione delle piastrine sia in presenza che in assenza di ASA (acido acetilsalicilico), si è osservato che l'aggiunta di ASA non modifica significativamente l'effetto del ketoprofene sull'inibizione dell'aggregazione piastrinica. 
Questo fenomeno si verifica perché ketoprofene e ASA si legano a siti differenti all'interno dell'enzima ciclossigenasi-1 (COX-1), il che permette al ketoprofene di esercitare la sua azione senza interferire con l'efficacia dell'ASA come agente antiaggregante. 
Di conseguenza, l'uso congiunto di ketoprofene e ASA non comporta un effetto additivo sull'inibizione dell'aggregazione piastrinica, evidenziando come queste due sostanze possano essere utilizzate insieme senza compromettere i rispettivi meccanismi d'azione. 

Fonte: Van Solingen RM, et al. Am J Med, 2001

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