Cisti odontogene: un caso clinico e revisione delle strategie terapeutiche
Radiografia panoramica evidenzia cisti odontogene
Le cisti odontogene rappresentano un gruppo di lesioni cistiche originate dall'epitelio odontogeno. Tra queste, la cisti dentigera è una delle più frequenti, caratterizzata da una stretta associazione con i denti non erotti.

Il caso clinico analizza le attuali strategie terapeutiche, con un focus sulla decompressione come approccio conservativo ed efficace.

Le cisti odontogene sono entità patologiche che si sviluppano nelle aree delle mascelle che contengono i denti. La cisti dentigera, in particolare, è una cisti di sviluppo che si forma attorno alla corona di un dente non erotto, attaccandosi alla giunzione cemento-smalto. Rappresenta circa il 20% di tutte le cisti odontogene ed è tipicamente riscontrata nei pazienti di età compresa tra 10 e 30 anni, con una prevalenza maschile (rapporto 3:2).

Le cisti dentigere si localizzano principalmente nella mandibola, in particolare nella regione del terzo molare, ma possono anche interessare i canini mascellari. Solitamente asintomatiche, vengono spesso rilevate incidentalmente durante radiografie di routine. Tuttavia, nei casi avanzati, possono manifestarsi con dolore, espansione ossea o riassorbimento dei denti adiacenti.

Radiograficamente, queste cisti appaiono come lesioni radiolucenti uniloculari ben definite, circondate da un bordo sclerotico. La diagnosi richiede un’attenta valutazione clinica e radiologica, spesso supportata da biopsia ed esame anatomopatologico.

 

Caso clinico

Una paziente di 8 anni è stata indirizzata al reparto di odontoiatria di un ospedale militare per un gonfiore asintomatico alla mascella sinistra, evidenziato durante un controllo di routine. All’esame clinico, il gonfiore era duro, indolore e localizzato tra i denti 11 e 16.

Indagini diagnostiche:

  • Ortopantomografia: ha mostrato una lesione radiotrasparente uniloculare che coinvolgeva il seno mascellare, il canino e il primo premolare.
  • Tomografia computerizzata (TC): ha definito meglio i margini della lesione e la sua estensione.

Tra le diagnosi differenziali considerate vi erano:

  • cisti dentigera;
  • cheratocisti odontogena;
  • ameloblastoma;
  • tumore adenomatoso odontogeno.

 

Trattamento

È stata eseguita una biopsia con inserimento di un tubo di decompressione, una procedura progettata per ridurre gradualmente le dimensioni della cisti. L’esame istologico ha confermato la diagnosi di cisti dentigera.

Dopo otto mesi di decompressione e follow-up regolare, la lesione cistica era completamente scomparsa. La paziente è stata successivamente indirizzata a un ortodontista per un trattamento aggiuntivo volto a preservare la funzionalità dentale e strutturale.

 

Caratteristiche della Cisti Dentigera

La cisti dentigera si sviluppa attraverso meccanismi ancora non completamente compresi. Sono state proposte diverse teorie eziopatogenetiche:

  1. teoria intrafollicolare: l'accumulo di fluido tra le superfici epiteliali esterna ed interna durante la formazione della corona.
  2. Teoria dell’ipoplasia dello smalto: degenerazione del reticolo stellato durante lo sviluppo dentale.
  3. Teoria idrostatica di Main: la pressione del dente incluso sul follicolo causa la separazione della corona dal follicolo circostante.

 

Approccio terapeutico

La gestione delle cisti dentigere varia in base a dimensione, localizzazione e età del paziente. Le opzioni principali sono l’enucleazione e la decompressione. L’enucleazione consiste nella rimozione completa della cisti insieme al dente incluso, ed è preferita per lesioni di piccole dimensioni. La decompressione, invece, è una procedura meno invasiva, indicata per lesioni estese o localizzate in aree critiche.

La decompressione offre numerosi vantaggi, tra cui la preservazione delle strutture ossee e dentali in via di sviluppo e una riduzione del rischio di danni a strutture anatomiche vicine, come il seno mascellare o il canale mandibolare. Inoltre, riducendo le dimensioni della cisti, rende eventuali interventi futuri più semplici. Studi clinici confermano la sua efficacia: Allon et al. riportano una riduzione media della lesione dell’82% in sette mesi, mentre Anavi et al. evidenziano una riduzione del 79% in nove mesi di follow-up.

Tuttavia, questa procedura presenta alcune limitazioni. È essenziale una stretta collaborazione del paziente e dei genitori, nei casi pediatrici. Inoltre, l’igiene orale può essere compromessa nella zona trattata e, se il tessuto patologico non viene completamente rimosso, esiste il rischio di recidiva.

Nei pazienti pediatrici, i benefici della decompressione sono particolarmente significativi. Oltre a preservare il potenziale eruttivo dei denti inclusi, riduce l’interferenza con la crescita ossea e minimizza l’impatto psicologico associato a interventi chirurgici più invasivi.

 

Conclusioni

La gestione delle cisti dentigere rappresenta una sfida clinica, soprattutto nei pazienti pediatrici. La decompressione si è dimostrata un'opzione terapeutica efficace e sicura, in grado di preservare le strutture anatomiche e ridurre il rischio di complicanze. Questo caso sottolinea l'importanza di una diagnosi precoce e di un approccio terapeutico personalizzato per ottenere i migliori risultati clinici.

Nonostante i vantaggi, il successo della decompressione richiede un follow-up regolare e una stretta collaborazione con il paziente per monitorare eventuali recidive e garantire una completa guarigione. La letteratura supporta l’efficacia di questo approccio conservativo, che dovrebbe essere considerato un’opzione prioritaria nella gestione di grandi cisti odontogene.
 

Leggi il caso clinico completo.

 

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