Posizionamento protesico pianificato nelle riabilitazioni full-arch
Dr. Alberto Pispero

Laureato con lode presso l'Università degli studi di Milano nel 2006, ha continuato il suo percorso di studi conseguendo con lode il Diploma di Specialità in Chirurgia Orale nel 2009 e un Dottorato di Ricerca in Scienze Odontostomatologiche nel 2019 presso la stessa sede. È attualmente tutor del Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria e Ricercatore Universitario presso l'Università degli studi di Milano. Svolge attività di Consulenza presso il reparto di Patologia e Chirurgia Orale dell'Ospedale Santi Paolo e Carlo e collabora con studi dentistici in Milano e provincia, dedicandosi in particolare alla Chirurgia, alla Patologia Orale e all’Implantolgia. È co-fondatore di una Onlus sulla ricerca contro il Cancro e le Patologie Orali. È consulente scientifico per aziende implantari, socio attivo IAO, membro ITI e Consigliere ANDI Milano. È autore di numerose pubblicazioni su riviste del settore odontoiatrico, anche internazionali, e relatore a conferenze in Italia e all’estero.

 

Alberto Pispero

INTRODUZIONE

L’avvento del digitale ha rivoluzionato il mondo odonto­iatrico in ogni aspetto, dalla pianificazione alla realizza­zione del piano di trattamento, ampliando le possibilità diagnostiche e terapeutiche. Oggi gli strumenti a nostra disposizione permettono la creazione di un paziente digitale con cui pre-visualizzare il risultato finale di un caso e simulare le procedure necessarie per ottenerlo. Queste caratteristiche permettono una estrema predici­bilità e precisione aumentando l’efficienza delle terapie.

IL CASO CLINICO

Il paziente, in buono stato di salute generale, era stato trattato con una riabilitazione implanto-protesica ma­scellare 10 anni prima (Fig. 1).

Fig. 1. Radiografia panoramica che evidenzia la riabilitazione implanto protesica dell’arcata superiore e le lesioni radiotrasparenti periapicali a livello dell’arcata inferiore.

A livello dell’arcata in­feriore erano presenti elementi dentari da 33 a 43 non più recuperabili. Si eseguiva una CBCT (NEWTOM VGI), una scansione intraorale con scanner TRIOS 3 (3SHA­PE) e si raccoglievano i dati necessari per la creazione di un paziente digitale. Il piano terapeutico prevedeva anche per l’arcata inferiore una riabilitazione protesica implanto supportata. L’analisi del dato radiografico evi­denziava la presenza di lesioni osteolitiche che limita­vano lo spazio di inserimento implantare a poche aree nella regione sinfisaria. La ceratura diagnostica digitale e il matching con la componente ossea permettevano di identificare la posizione ideale delle fixture (REALGUI­DE Software Suite, 3DIEMME Italia) (Fig. 2).

Fig. 2. Progetto digitale di posizionamento implantare e dei pins di stabilizzazione della dima base.

Il grande vantaggio del mondo digitale è la possibilità di trasfe­rire le informazioni dal mondo virtuale a quello reale e di poterlo fare anche nei casi complessi di riabilitazioni complete. Si procedeva quindi alla progettazione del­la protesi (in composito micro-ibrido, Ceramage UP, SHOFU Dental GmbH) e della sua armatura (in lega di titanio fresata, MAGNUM HYPERONE, MESA ITALIA) e di conseguenza alla definizione degli strumenti necessari a determinare le posizioni implantari. La protesi doveva essere posizionata in modo controllato, come nel pro­getto iniziale, in base a dei punti di riferimento presta­biliti. La scansione intraorale permetteva di identificare i profili degli elementi dentari e le creste edentule, limi­tatamente alle aree di mucosa aderente cheratinizzata. In questi casi una impronta compressiva e panoramica in alginato permette di evidenziare le aree di mucosa alveolare utili per il posizionamento degli strumenti necessari al completamento del caso (Fig. 3).

Fig. 3. Scansione ottica ricavata dalla sovrapposizione tra la scansione intraorale e la scansione dell’impronta analogica necessaria per la rilevazione dei tessuti molli mobili linguali e
vestibolari.

Ottenuto quindi il matching tra le due scansioni intraorali e i dati dicom, si procedeva a costruire una dima ampia che si adattasse in modo ripetibile al profilo degli elemen­ti dentari e alle aree mucose distali, e la cui posizione fosse definita da 4 pins di stabilizzazione. Il flusso di costruzione digitale che portava alla stampa in resina della dima (tecnologia Polyjet, Stratasys) prevedeva la progettazione di un corpo scomponibile solidarizzato da 3 viti di fissaggio, due vestibolari e una linguale (Fig. 4).

Fig. 4. Alloggiamento e stabilizzazione della dima base grazie un indice di posizionamento misto ad appoggio dentale e mucoso.

Posizionati i pins era rimossa la porzione superiore della dima e la parte rimasta in sede rappresentava il pun­to di riferimento per i dispositivi necessari ad eseguire tutti i passaggi previsti nel progetto digitale. La dima base deve avere una caratteristica importante, essere solida, stabile, e concedere l’operatività chirurgica ot­timale per le fasi successive dell’intervento (Fig. 5).

Fig. 5. Rimozione dell’indice di posizionamento ed evidenza dell’ampiezza dello spazio operativo concesso dalla dima base.

Si procedeva quindi all’estrazione degli elementi dentari e si allestiva un lembo muco periosteo ancorato con delle suture alla struttura stessa della dima (Fig. 6).

Fig. 6. Apertura del lembo necessario alla rimozione programmata del tessuto osseo.

Il lembo era disegnato in modo preciso e l’ampiezza definita dai margini interni della dima. I fori di fissaggio vestibolari erano utilizzati per la fissazione di una dima di sezio­ne ossea (lega di titanio fresata anodizzata, MAGNUM HYPERONE, MESA ITALIA), procedura completata con strumento piezo-elettrico (Figs. 7, 8).

Fig. 7. Posizionamento dell’indice di riferimento metallico per la guida alla sezione ossea.

Fig. 8. Immagine intraoperatoria dove si evidenzia la facilità di utilizzo di una punta piezo-elettrica per la sezione ossea.

Ogni passaggio avveniva sotto stretto controllo, in base a strumenti pro­gettati ed eseguiti nella pianificazione digitale del caso. L’eliminazione delle creste ossee rendeva possibile l’al­loggiamento della dima in titanio per il posizionamento implantare (Fig. 9).

Fig. 9. Posizionamento della dima implantare attraverso viti di stabilizzazione direttamente sulla dima base.

Il dispositivo in titanio ottenuto per fresatura, era un corpo unico, resistente e in grado di offrire visibilità al campo operatorio durante ogni pas­saggio. La semplificazione era il principio alla base del­le procedure descritte, e in questo scenario si inseriva anche la scelta della tipologia di impianto: una fixture one piece (FIXO, OXY IMPLANT ITALIA) con una com­ponente protesica tipo MUA, con 3 gradi di angolazione (0°, 17° e 30°). Era possibile non solo prevedere la posi­zione dell’impianto, ma anche il livello protesico ideale, in base al grado di angolazione necessario per ottener­lo. L’inserimento dell’impianto contestualmente alla componente protesica accelerava i tempi di esecuzione delle terapie e semplificava la prima fase della proce­dura protesica (Fig. 10).

Fig. 10. Impianti monofasici in sede alla quota predefinita di posizionamento chirurgico e protesico.

A questo punto gli abutment predefiniti per ogni posizione venivano avvitati in sede e la protesi era fissata ai dispositivi della dima base. Il campo operatorio era pulito e adatto al passaggio pro­tesico (Figs. 11, 12, 13).

Fig. 11. Immagine intraoperatoria dopo rimozione della dima implantare che evidenzia le lacune ossee residue.

Fig. 12. Alloggiamento degli abutments in titanio precedentemente personalizzati per l’adattamento ad ogni sito.

Fig. 13. Posizionamento della protesi sulla dima base e cementazione della struttura agli abutments attraverso cemento resinoso duale, evidente la pulizia del campo
operatorio e la passività controllata di adattamento delle componenti.

L’utilizzo di un sistema di ce­mentazione duale era indicato per la passivazione del­la del­la protesi sugli abutment, e la protesi era rimossa per completare in pochi minuti la rifinitura al di fuori del cavo orale. La chirurgia continuava con le fasi di rigene­rativa. L’osso rimosso durante la regolarizzazione della cresta ossea era posizionato sulla superficie implantare esposta e il resto delle cavità erano riempite con osso bovino deproteinizzato e collagenato (Bioss Geistlich Pharma AG). La copertura dell’innesto avveniva con una matrice in collagene (Fibrogide Geistlich Pharma AG), e i lembi venivano suturati al di sopra di essa, ottenendo una chiusura per prima intenzione, e mantenendo una buona quantità di tessuto cheratinizzato attorno alle fixtures implantari (Figs. 14, 15, 16).

Fig. 14. Sequenza delle fasi di adattamento del sostituto osseo bovino deproteinizzato collagenato alle aree di deiscenza
ossea.

Fig. 15. Utilizzo di una matrice collagene di origine suina a protezione dell’innesto osseo sottostante e per il
miglioramento del volume dei tessuti molli.

Fig. 16. Sutura per prima intenzione con punti staccati in polifilamento riassorbibile e posizionamento dei tappi di protezione per i MUA implantari .

La protesi avvitata riproduceva fedelmente il progetto iniziale (Fig. 17) e anche il controllo radiografico (Fig. 18) evidenziava il buon esito delle procedure.

Fig. 17. Immagine clinica a fine trattamento, ottimo adattamento occlusale e controllo degli spazi tra base della
protesi e tessuti molli.

Fig. 18. Radiografia panoramica di controllo di posizonamento implantare e protesico.

L’impianto in posizione 35 sembrava in sovrapposizione al canale mandibolare, ma si trattava un artefatto radiografico che non preoc­cupava, visto il controllo guidato del posizionamento implantare. Le aree di osteolisi inoltre erano state evita­te in modo accurato, senza compromettere il posiziona­mento posiziona­mento protesico guidato degli impianti. L’utilizzo degli strumenti digitali per lo studio delle soluzioni chirurgi­che e protesiche permette un reale vantaggio in termini di precisione delle terapie, riduzione del grado di inva­sività e riduzione dei tempi operatori.

 

Pubblicato su Infodent Agosto Settembre 2022 - Rubrica Dental Tech

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