Intervista
La fotografia digitale in odontoiatria: un valore aggiunto
Luca Goisis

Lavora come consulente aziendale odontoiatrico su tutto il territorio nazionale con base a Bergamo. Cresciuto nell’ambiente, a 18 anni inizia ufficialmente a lavorare nel mondo odontoiatrico, dopo gli studi sceglie di rompere gli schemi e dedicarsi al clinical management. Nel 2021, all’età di 25 anni, costituisce la propria società con la quale porta avanti il proprio studio odontoiatrico in transizione digitale, consulenze gestionali cliniche ed extra-cliniche, corsi di fotografia odontoiatrica e comunicazione, formazione e divulgazione scientifica, ricerca ed iniziative sociali benefiche attinenti al settore. Dedica molto tempo allo studio di tecnologie e materiali. Appassionato di Storia Dell’odontoiatria è socio di S.I.S.O.S (Società italiana di Storia dell’ Odontostomatologia), S.I.P.R.O (Società Italiana di Protesi e Riabilitazione Orale) e socio attivo D.D.S. (Digital Dentistry Society) e membro del gruppo di studio del Dr. Italo di Giuseppe. È relatore a corsi e congressi nazionali nel settore Odontoiatrico.

 

Luca Goisis

Luca, quando hai iniziato ad interessarti di fotografia? E perché proprio in odontoiatria?

La fotografia mi è sempre appartenuta, non c’è mai stato un vero e proprio momento iniziale. Sicuramente ha influito la vocazione fotografica di mio padre, un Medico Odontoiatra e Fotografo attivo nel sociale, che di fotografare denti non ne vuol sapere. Ma non è tutto qui: sono cresciuto in questo ambiente e assiduamente ho seguito sin da quando ero bambino con curiosità ed entusiasmo l’evoluzione che ha contraddistinto questo ultimo ventennio. Mi sono accorto che mancava un punto di vista differente. Da sempre mi contraddistingue una spiccata curiosità e un’attenzione estrema per i dettagli. Nonostante la mia giovane età e la lunga strada di apprendimento che mi aspetta, attraverso il percorso che ho scelto, ho avuto modo di osservare tantissime realtà differenti, e di collaborare con diversi Odontoiatri affermati, aziende del settore e società di consulenze. Ciò concentrandomi a 360 gradi sul concetto di gestione e comunicazione.

 

Oggi sei considerato uno dei massimi esperti di fotografia digitale odontoiatrica in Italia. Come sei arrivato a questo livello?

Non basterebbe una sola intervista per raccontare le mie scelte e i miei obiettivi. Sono arrivato a “questo livello” semplicemente attraverso l’osservazione e la sperimentazione. Non credo di avere nulla di più di molti altri colleghi che fanno la stessa cosa. Il connubio determinante è stato quando la passione che nutro nei confronti dell’odontoiatria si è unita a quella che provo per la fotografia. Posso quasi considerarmi un esteta, ricerco la perfezione e il bello in tutto ciò che faccio, da ogni punto di vista; questo ha contribuito molto a creare l’originalità artistica dei miei lavori. Ciò che apprezzo maggiormente è che non ho cercato nulla di tutto ciò, ma sono stato riconosciuto e apprezzato per i miei lavori che ho realizzato per passione. Quando parlo di fotografia, non intendo solamente foto, ma un vero e proprio strumento di osservazione e di diagnosi, da accostare a tutte le altre tecnologie che il mondo odontoiatrico in questo momento ci sta fornendo. Da sempre in Odontoiatria si è avvertito il bisogno di avere un’iconografia per poter potenziare la pratica. I corsi di fotografia hanno sempre improntato il loro contenuto su tecnica e teoria, esponendo le classiche motivazioni in un elenco che ormai conosciamo tutti: tutela medico-legale, comunicazione con le assicurazioni, comunicazione con il tecnico, valutazione del proprio operato, eccetera. Oggi ci troviamo di fronte ad una nuova concezione di fotografia: uno strumento straordinario che deve essere reso al clinico il più semplice possibile.

 

Perché, secondo te, un Odontoiatra dovrebbe investire del tempo per imparare a fare fotografie di qualità, in studio dentistico? Dacci almeno tre valide ragioni per le quali la fotografia digitale debba essere considerata un valore aggiunto nella moderna odontoiatria.

Le ragioni sono molteplici e dipendono dagli obiettivi iniziali di un clinico. Esiste il clinico che vede la fotografia come elemento per la ricerca, l’esposizione congressuale, chi per la comunicazione con il paziente, chi semplicemente per conservare una documentazione integrativa. Ma cosa hanno in comune questi obiettivi? La fotografia ad oggi è da considerare uno strumento diagnostico a tutti gli effetti, al pari di sistemi quali: ingranditori, microscopio, scanner eccetera. La fotografia e tutto ciò che ne consegue portano grossi vantaggi al paziente, ma soprattutto al clinico. La prima valida ragione è: La diagnosi infinita e multidisciplinare. Uno status fotografico richiede pochi minuti, meno di una scansione intraorale, ed è meno invasivo di un qualsiasi esame radiologico. La prima visita o più genericamente una visita, in quanto appuntamento fisico in studio, ha una durata che può mediamente variare tra i 20 e i 60 minuti. Siamo però erroneamente abituati a legare il concetto di diagnosi alla prima visita. Questo connubio tra prima visita e diagnosi probabilmente funziona nella maggioranza dei casi semplici, ma è sbagliato. E dove lasciamo tutti quegli step di conoscenza e accoglienza del paziente, e un’anamnesi certa ad accurata? Sono tutti step da curare nel minimo dettaglio, e ai quali va dedicato il meritato tempo. E da qui nasce l’esigenza e l’importanza di lavorare in un gruppo evoluto e sinergico. La diagnosi è un processo evolutivo continuo che va oltre la visita in sé, la diagnosi è un percorso. La vera diagnosi è prendersi cura del paziente con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione. Per questo motivo la fotografia è un mezzo in grado di estendere quel momento fisico permettendo di visionare gli scatti anche dopo la fine della visita, inviarli ai colleghi, archiviarli e utilizzarli come metodo di paragone nel tempo, contribuendo alla cronologia diagnostica e il futuro della prognosi. La seconda ragione valida è: L’interazione con i sistemi digitali. Ad oggi l’odontoiatria è sempre più digitale, la fotografia in questa nuova era gioca un ruolo fondamentale nel raggiungimento dei propri obiettivi. Molti sistemi, come il DigitalSmileDesign, i sistemi CAD che richiedono l’utilizzo di fotografie da utilizzare come riferimento, sono sicuramente una valida ragione per avvalersi di questo mezzo. La terza ragione valida è: Dare valore al proprio lavoro. Poter riguardare infinitamente i propri lavori permette di apprezzare ciò che facciamo, così come accorgersi di potenziali errori, e poter migliorare. Soprattutto per chi è alle prime armi e ha bisogno di osservare il proprio operato. Una delle frasi che ho sentito più spesso dagli Odontoiatri è “se solo avessi fotografato quel caso…”. Credo sia corretto a volte dare il giusto valore al frutto del nostro lavoro.

 

Quindi, cosa ci permette di fare la fotografia quando veniamo a conoscenza del paziente?

Innanzitutto, ricordiamoci sempre che tra clinico e paziente esiste una grossa asimmetria informativa. Clinico e paziente devono essere allineati e la loro relazione si chiama alleanza terapeutica. E per costituirla è necessaria un’alleanza diagnostica. Oggi più che mai questo concetto è a volte sorpassato dalla smania di mettersi in mostra, dimenticandosi quelli che sono i reali obiettivi di questa professione. Il dentista «intero» non è un clinico perfetto, ma quello che comprende, cioè conosce e possiede, le caratteristiche non comuni richieste a chi esercita la professione del clinico: competenza scientifica, onestà intellettuale e morale, curiosità e tenacia, capacità comunicative. Requisiti necessari per muoversi nella selva delle alberature diagnostiche e uscirne restituendo al paziente “il nome del suo problema” e il percorso giusto da intraprendere. Questo processo in un mondo interconnesso come il nostro è sempre più difficile. Recensioni, marketing, concorrenza, insomma, son tutti fattori extraclinici con i quali ci troviamo a combattere ogni giorno. Ma non voglio dilungarmi su questo, nonostante sia un tema attualissimo e interessante. La fotografia offre un sistema diretto ed immediato, ad alta definizione, per poter spiegare con parole semplici quello che non va. Mi è capitato molte volte di assistere a situazioni dove il paziente, non completamente conscio della situazione, di fronte ad una fotografia eseguita durante la visita si rendesse conto dello stato compromesso della propria bocca. Quando siamo in grado di ingrandire qualcosa, automaticamente ci facciamo più caso. Senza troppi giri di parole, la macrofotografia di una carie, tartaro, una ricostruzione incongrua o una lesione vista in alta definizione definizione su uno schermo di 55 pollici, rende maggiormente consapevole il paziente, che fino a quel momento non si rende conto di ciò che effettivamente ha in bocca, nonostante le osservazioni del clinico. Oltretutto, la fotografia ci permette di rendere il paziente consapevole dei suoi miglioramenti, o dell’aggravarsi di una situazione. Abituarsi a conservare uno status fotografico iniziale del paziente, può rivelarsi estremamente importante nei rapporti a lungo termine.

 

Qual è l’investimento minimo in hardware e software, per poter fotografare ad alto livello? Quale la dotazione ideale di cui l’odontoiatra dovrebbe disporre?

La parola chiave è sempre Semplicità. Per ottenere dei risultati di qualità non serve dotarsi delle attrezzature più all’avanguardia sul mercato. Basta sapere trovare il giusto equilibrio. Quello che insegno è ottenere dei risultati di qualità nella maniera più semplice. Sappiate che in odontoiatria si applica solamente una 1/10 delle funzionalità di un corredo fotografico. La fotografia è una vera e propria scienza, un argomento ben più complesso; ma a mio avviso, nell’odontoiatria digitale moderna la semplicità diventa essenziale. Soprattutto in un settore dove le informazioni da ricordare sono molteplici, si sente la necessità di poter ottenere risultati immediati e riproducibili. Per chiunque volesse approfondire il concetto in maniera più professionale e scientifica, esistono molti testi di riferimento nazionali e internazionali. Tra questi vorrei citare quelli del Dr. Pasquale Loiacono, scientificamente completi in tutto. Gli elementi essenziali rimangono: corpo macchina, specchi, apribocca e contrastatori, flash anulare ed obiettivo macro. A tal proposito vorrei soffermarmi su una curiosità: Il flash anulare (ring flash) è stato inventato nel 1952 appositamente per la fotografia odontoiatrica da Lester A. Dine.

 

Ora stai portando avanti anche un nuovo progetto: Italian Dentist Portraits. Puoi descriverlo qui brevemente, e spiegarne scopi e finalità?

Italian Dentist Portraits è un progetto sociale che ho iniziato a maturare da diverso tempo, ma che ha finalmente preso forma, e che voglio si sviluppi, per poter lasciare un contributo umano. L’idea mi è venuta dopo aver collezionato qualche ritratto nato dal mio lato più artistico, di vari odontoiatri e operatori del settore che ho incontrato negli ultimi anni. È un progetto di partecipazione collettiva, un modo per dare un volto al nostro mondo e custodire un archivio fotografico storico. Uno degli obiettivi è quello di slegarsi un po’ dai connotati scientifici dell’odontoiatria, e lasciare un po’ di spazio all’arte e all’etica. Creare dei legami nella nostra comunità non solo dal punto di vista scientifico, ma anche da quello emozionale. A novembre, in occasione di un evento del gruppo di studio del Dott. Italo Di Giuseppe, è stata tenuta una sessione ritratto dedicata ai partecipanti del congresso. Il prossimo passo sarà quello di ripetere l’iter, continuando a presenziare ad eventi, e ritrarre tutti i professionisti che mi capiterà di incontrare nel mio percorso. Vedo in futuro una o più mostre, un eventuale catalogo e una raccolta fondi da destinare interamente in beneficenza.

 

Pubblicato su Infodent Dicembre 2022 - Rubrica Dental Tech

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